Edizione 2009

A manifestazione conclusa e analizzando a mente fredda le immagini e i suoni assorbiti nel corso delle tre serate nelle quali si è sviluppato il progetto, mi viene spontanea una domanda, anzi un dilemma: “C’è folk e folk”? o “C’è solo il folk”? Il titolo della manifestazione voleva evidenziare che esistono diverse tipologie del folk, caratterizzate dalle tradizioni e dalle origini di ciascuna manifestazione del folk e quindi specifiche di una determinata zona del nostro Paese. Si può affermare che in questo senso il titolo è corretto perché si sono notate parecchie differenze tra i gruppi trentini e gli altri gruppi; prevalentemente balli di coppia i nostri gruppi, danze collettive, girotondi e caroselli gli altri.

Allo stesso tempo, però, si sono notate delle sorprendenti assonanze che rivelano l’origine comune della danza folk che èquella popolare dei contadini, siano essi del nord o del sud, degli operai che tornano dal lavoro in miniera o da quello sulle strade ferrate. Ecco allora che il titolo sfalsa la realtà dei fatti e in questo senso si può affermare che “C’è solo il folk”.
L’analisi appena compiuta non ha comunque alcuna rilevanza ai fini pratici, è fine a se stessa, è puro accademismo che non rivela quanto il folk possa essere anche spettacolo, coinvolgente, talvolta ironico e dissacrante, sempre e comunque divertente anche quando cerca di ricreare situazioni dolorose o comunque tristi
I gruppi che hanno partecipato a questa prima edizione di “C’è folk e folk” avevano origini geografiche assai diverse, lontane tra loro, provenendo dalla Puglia, dalla Sicilia e dalla Toscana. Tutti e tre hanno comunque presentato danze e canti che volevano ricordare illavoro dei campi, o meglio, le feste organizzate sull’aia dopo il lavoro. Qualcuno con una sequenza ben orchestrata che srotolava un filo lungo il quale si sviluppava una serata tipo, con un prima e un dopo e una conclusione. Qualcun altro svolgendo anche il tema più intimo delle rappresentazioni sacre presenti nella vita della comunità, quali il Corpus Domini, la Settimana Santa, la festa patronale, al termine delle quali si danzavano le lodi a Maria o a questo o a quel santo oggetto di venerazione collettiva. Ecco allora che una piccola distinzione tra i gruppi può essere avanzata (naturalmente con la dovuta cautela).
Il gruppo Amastra di Mistretta, provincia di Messina, giovane di costituzione essendo nato nel 1994, può essere considerato il più “religioso” dei tre, annoverando nel proprio repertorio danze dedicate alla Madonna oppure rappresentazioni effettuate normalmente dopo le processioni rituali del ciclo liturgico. Il gruppo propone comunque anche danze che rievocano antichi gesti legati alla raccolta dei prodotti dei campi.
Il gruppo folk “Città dei Trulli”, il più vecchio di nascita (1928), esprime con i suoi balli tutta l’allegria e la gioia di aver concluso una dura giornata di lavoro e di poter ora finalmente divertirsi in compagnia, ballando magari con la propria innamorata. Il repertorio di questo gruppo è molto articolato e comprende danze per i giovani e per i meno giovani differenti per ritmo e per significato dei gesti.
Il terzo gruppo, ma non ultimo, è “Arcobaleno” di Pergine Valdarno in provincia di Arezzo ed è il più giovane (2002) di nascita, ma il più vecchio di età dei suoi componenti. È anche quello che rappresenta la parte più dissacrante del folk portando in scena il corteggiamento più manesco che non lascia sottintendere nulla delle intenzioni del corteggiatore. Così come nulla è sottinteso delle bevute sull’aia dopo il lavoro nei campi o sull’irrisione alla morte. In conclusione, un trio che ha portato sulle nostre pedane un ventaglio di situazioni davvero interessanti e significative dello studio che sta dietro a ognuna delle situazioni rappresentate, dove la “professionalità” dei singoli ha dato ampio lustro all’esecuzione d’insieme. E riportando la conclusione di quel furbone di Angelo del gruppo Amastra “se questo ballo vi piacerà applaudite calorosamente; se non vi piacerà statevene zitti”, sono sicuro che tutti coloro che hanno assistito ad almeno uno spettacolo di “C’è folk e folk” non potranno fare altro che sottoscrivere la prima parte della frase.